di
Massimo Mazzucco
Parte Prima: A mean, lean, debunking machine
Per definizione, il debunker è una persona che si dedica sistematicamente a smontare qualunque teoria, ipotesi o forma di pensiero che vada contro la cultura imperante, contro il governo, contro le istituzioni, contro il modo di pensare corrente, contro il quieto vivere, insomma contro lo status quo in generale.
Il debunker “non ama le rivoluzioni”, sta bene nel suo brodo, e va in grande agitazione appena sente che c’è in giro qualcuno che rischia di obbligarlo a cambiare il confortevole arredamento del suo cervello.
Il debunker infatti assomiglia molto a quelle famigliole piccolo-borghesi che ci hanno messo più di un anno, dopo litigate furibonde, per decidere se il televisore al plasma andasse di fianco al caminetto, sotto la finestra, oppure fra la poltrona bella e il divanone a 3 posti. Una volta presa quella decisione, che li ha portati più di una volta sull’orlo del divorzio, non ne vogliono più sapere di spostarlo, nemmeno se viene la piena che si porta via il divano, la poltrona e pure la parete che c’è dietro. Moriranno in piedi, se devono morire, ma con il televisore al suo posto.
In realtà quella che abbiamo descritto è la classica “persona perbene”, quella che ha trovato il suo posticino nella società, e a questo punto è interessata solamente a mantenerlo. Non a caso costoro si chiamano anche “conservatori”, nel senso che gli sta bene quello che hanno, e cercano in tutti i modi di conservarlo. (Dal che si deduce che il “progressista” sia invece uno che ha troppo poco, e che spera nel “progresso” – cioè in un domani migliore – per vedersi assegnare qualcosa anche lui).
Naturalmente, al mondo tutto è relativo: “conservatore” è Dick Cheney, che non ha nessuna voglia di perdere i quaranta milioni di dollari al mese che gli entrano con i titoli delle società petrolifere, e “conservatore“ è il doganiere svizzero che lavora al valico di Chiasso, che non ha nessuna voglia di perdere il suo villino color giallo-diarrea in cemento armato, con doppio garage, tavernetta e vista panoramica sul ponte dell’autostrada.
Ognuno conserva quello che può.
Tutto questo però non significa che i conservatori siano gente noiosa, anzi. Anche i doganieri svizzeri ogni tanto escono a far bisboccia con i loro amici, e a volte stanno fuori fino alle 10 di sera, …
… o anche fino alle undici. E se magari il giorno dopo è domenica rischiano pure di finire tutti giù in tavernetta, a cantare far casino e scolarsi un camparino dietro l’altro, fino all’una del mattino. (Sono quelli che il lunedì vedi al pronto soccorso con la flebo al braccio, l’occhio vitreo, la tachicardia e la febbre a 40). Tutta colpa dei dischi di Patty Pravo, quella pazza indiavolata.
Ecco, questo è il conservatore. Se per lui Patty Pravo è un terremoto ideologico, potete immaginare cosa possa succedere nel suo cervello quando provi a suggerirgli che sia stata la CIA a uccidere John Kennedy: cortocircuiti fra i neuroni, inferriate di sicurezza che cadono fra una sinapsi e l’altra, ponti levatoi che interrompono anche le più flebili forme di pensiero, scintille da tutte le parti, sirene d’allarme che suonano dovunque … finchè prima o poi squilla anche il telefono in casa del debunker.
Coooooosa!!!??? – Urla disgustato il debunker mentre salta sulla sedia – ma questo è inaccettabile! Vi rendete conto di cosa vorrebbe dire, se scoprissimo che davvero è stata la CIA a uccidere Kennedy? Vorrebbe dire che da domani la gente si sentirà autorizzata a dubitare delle autorità, e questo non è pensabile. Cominci a dubitare dei governi, poi dubiti delle autorità regionali, poi di quelle amministrative, poi dei preti, poi dei vigili urbani, dei maestri elementari, finchè un giorno arrivi a dubitare anche dei doganieri, e finisce che io perdo la mia tavernetta. Ciò non è pensabile, non può e non deve avvenire. Al contrattacco!
E’ così il debunker prende la sua valigina con gli attrezzi del mestiere, e parte lancia in resta per difendere lo status quo, e insieme a quello il suo villino giallo-diarrea.
E’ chiaro a questo punto che al debunker non interessa minimamente l’argomento della discussione, perchè per lui tutto quello che rappresenti una minaccia allo status quo è comunque da combattere, per principio. Il debunker è come il sistema immunitario, che individua i corpi estranei e li fa fuori tutti nello stesso modo, senza nemmeno guardarli in faccia. (In questo modo finisce spesso per farsi del male da solo, uccidendo anche quel poco di sano che esiste nel suo pensiero. Si chiama debunker autoimmune, ed è il più pericoloso di tutti, poichè può anche essere contagioso).
Ecco perchè ti ritrovi lo stesso debunker nella disputa sulle scie chimiche come in quella sui viaggi lunari, nella discussione sull’assassinio Kennedy come in quella sull’11 settembre. Uno dice ma cacchio, è possibile che questo non sospetti mai di nulla nella vita? Come può credere sistematicamente a TUTTO quello che gli raccontano, senza mai farsi venire il minimo dubbio, nemmeno su una fra le mille faccende controverse?
Ora lo sappiamo il perchè: al debunker non interessa sapere cosa è successo agli altri, gli interessa soltanto che non succeda niente di traumatico a lui e alla sua preziosa tavernetta.
E per difendere questi privilegi, ottenuti col sudore della fronte, è disposto persino a rendersi ridicolo davanti al mondo, poichè molto spesso si ritrova a dover negare l’innegabile e a sostenere l’insostenibile.
Non domandatevi quindi se è scemo o se ci fa, quando lo sentite dire che “è più facile guidare un Boeing che non un aereo da turismo”: non è nè l’uno n’è l’altro. E’ semplicemente costretto a dirlo, nell’ambito di quella discussione, altrimenti gli tocca riconoscere il complotto. Ecco perchè il debunker è bravissimo, prima di tutto, a sviare la discussione dall’argomento principale: per quanto disposto a tutto, un minimo di dignità ce l’ha anche lui, per cui appena può si porta lontano dalle acque più pericolose.
Se però ha di fronte uno che bene o male riesce a tenerlo in angolo, si butta in un corpo a corpo furibondo nel quale bisogna aspettarsi di tutto. Per quanto abbiano un arsenale dialettico limitato, i debunkers hanno una tenacia portentosa, e sono dotati di una stupefacente capacità di rigenerarsi dal nulla, rendendo ogni sfida prima di tutto una sfida sulla lunga distanza.
Un pò come Terminator, che gli spari e si rialza, lo tagli a pezzi e si rialza, lo schiacci con un TIR e si rialza, gli metti una bomba fra le chiappe e si rialza (pure sorridendo, a volte), e persino quando sembra dover scomparire per sempre nella fornace rovente, ti guarda con quel ghigno un pò austro-ungarico e ti dice: “I’ll be back!!
Il debunker non muore mai, per definizione. Esce a fare un giro in Internet, prende botte da tutte le parti, poi rientra fischiettando a casa sua, si fa una bella doccia, e scende in tavernetta per annunciare sorridente ai suoi amici: “Debunkato tutto”.
Tanto loro mica vanno a controllare. Il debunking è una operazione soprattutto psicologica, dove l’importante è poter dire di aver debunkato tutto, in modo da potersi mettere l’anima in pace.
Progettato per questo genere di battaglie, il debunker è praticamente indistruttibile, moralmente e fisicamente. Moralmente, non si è mai fatto grossi problemi, mentre fisicamente gli basta che rimanga una cellula viva del suo corpo, e si ricostruisce per intero nell’arco di venti minuti. Anche perchè i debunkers non hanno un DNA particolarmente complicato: dotati di 4 cromosomi invece di 48, ne tengono due di riserva, e con gli altri due riescono a rimettere in piedi in poco tempo un grossolano sistema di pensiero binario, che visto da fuori ha tutta l’apparenza di un ragionamento vero e proprio. Nel loro pannello di controllo però non hanno tutti i complicati “led” di Terminator, con mille schermi colorati e mille modalità diverse, ma solo due grossi interruttori a manopola, tipo radio anni ’50, con su scritto “acceso” e ”spento”.
Semplici, essenziali, praticamente eterni. Il modello base del debunker è ancora lo stesso lanciato dai militari americani negli anni ’50, ai tempi del Robertson Panel: motherboard cerebrale in classica bachelite laccata, saldata direttamente alla base del cranio (tanto la sostituzione non è prevista); mancano slot e schede di espansione di qualunque tipo (il debunker nasce e muore senza bisogno di cambiare idea una sola volta); assenti anche i circuiti In/Out, poichè la lingua è collegata direttamente alla motherboard, mentre le orecchie sono finte: al posto del canale auricolare c’è una rudimentale serie di tamponi antirumore, a strati alterni di cartone e lana di vetro pressati, in grado di assorbire e disperdere anche cento conversazioni nello stesso momento; il circuito neuronale funziona a valvole (il transistor per loro è sprecato, visto che la terza possibilità non è mai contemplata nelle discussioni), ed è alimentato a 6 Volts invece di 12, per maggiore sicurezza (non avendo il fusibile devono stare molto attenti, perchè i ricambi sono sempre più difficili da trovare. Ti parte un diodo, e oggi rischi di buttar via tutto il doganiere).
Una volta parlato dell’hardware passiamo al software, che è descritto anche nel libretto delle istruzioni, allegato al foglio di montaggio. (A causa dell’accresciuta richiesta, il debunker ultimamente si può acquistare anche all’Ikea, per quanto rimanga un prodotto decisamente anomalo per loro: montarlo è un attimo, mentre smontarlo è molto più complicato, proprio a causa della sua capacità di ricostruirsi mentre lo stai facendo a pezzi).
Sulla motherboard in bachelite è installato il glorioso Window 1.0 (Window è al singolare, perchè su una finestra sola hanno tutti i comandi che gli servono: debunka, prendi tempo, analizza, cambia argomento a random, non reagire, fingiti confuso, buttati a terra ululando di dolore. Ci sono poi le due funzioni aggiuntive, FFT e SPM, che illustreremo in seguito). Per quanto il nome sia accattivante e moderno, Window 1.0 è scritto ancora su fogli di pergamena, e sta al Basic e al Fortran come l’Australopitecus stava all’Homo Herectus.
Nonostante le origini preistoriche, Window 1.0 è dotato di una funzione molto avanzata, che gli permette di competere con i più moderni sistemi operativi: si chiama VLR, o Variable Logic Replication, e permette di replicare interi concetti espressi dall’avversario, riproponendoli con una variante minima che li fa apparire del tutto originali. In realtà il sistema aggiunge solo la variante, con un dispendio minimo di risorse, ma genera un output capace di impressionare anche gli avversari più preparati, e soprattutto lo spettatore neutrale e poco smaliziato.
Un po’ monaco tibetano è un po’ camaleonte abruzzese, il debunker usa la forza dialettica dell’avversario e si adatta al suo ambiente mentale fino a sembrare di appartenervi lui stesso. In realtà ti restituisce solo il codice originario, debitamente corrotto e modificato a proprio uso e consumo.
Se tu dici, ad esempio, “Signore e signori, oggi vi dimostro che non siamo andati sulla luna”, lui al massimo toglie il “non”, e poi va in giro a farsi bello con il resto della frase: “Ho dimostrato che siamo andati sulla Luna! Ho dimostrato che siamo andati sulla Luna!” (Per sapere con certezza se abbiamo davanti un debunker, basta chiedergli di iniziare lui una discussione qualunque. Se tacerà confuso, avremo la prova irrefutabile che egli vive solo cibandosi dei pensieri altrui).
Altra funzione essenziale di Window 1.0 è il cosiddetto UDA, o Universal Deconstructional Adaptor, che permette di convogliare qualunque genere di accusa complottista nello stesso sistema di scomposizione elementare, permettendo al debunker di trattare con apparente padronanza qualunque argomento di discussione. (Non vi siete mai domandati come faccia il debunker ad essere così esperto in TUTTO lo scibile umano? Salta dall’astronomia alla biologia, dalla zoologia alla fisica nucleare con la stessa facilità con cui la scimmia della foresta – absit iniuria verbi – salta da un ramo all’altro dei suoi alberi).
Ultima funzione di grande importanza offerta da Window 1.0 è il cosiddetto ADS, o Apparent Dormient Status, nel quale il debunker sembra andare in letargo, alla fine di ogni discussione, ma tiene in memoria una frase particolare, che gli permette di rientrare in gioco in qualunque momento: non appena un complottista accenni, nel più remoto angolo della rete, ad una affermazione che in qualunque modo disturbi la quiete raggiunta, il debunker ricompare all’improvviso ululando: “Ma vai ancora in giro a raccontare queste stupidaggini? Ormai lo sanno tutti che questo argomento è stato definitivamente smontato!”
Lui naturalmente non sa nemmeno di cosa si stia parlando, ma obbligando il complottista ad andare a cercare le prove per smentirlo, si guadagna il tempo sufficiente per riattivare i suoi circuiti e prepararsi al meglio per la nuova battaglia.
Quando hai le risorse limitate, il timing diventa essenziale.
Dopo aver descritto l’oggetto nel suo insieme, passiamo ad elencare gli strumenti principali del suo armamentario dialettico, che il debunker utilizza con grande efficacia sul campo di battaglia.
FINE PRIMA PARTE
Fonte: www.luogocomune.net